giovedì 28 agosto 2008


Per i filosofi del rinascimento, eredi della lezione di Platone e Aristotele, l'anima è suddivisa in tre parti: anima sensoriale, razionale e intellettiva.
L'anima sensoriale filtra le esperienze del vissuto (lo solfo) e tenta, per quanto le è possibile, di interpretare la realtà sulla base di una sintesi dei dati sensibili raccolti dalla mente (Mercurio) nella memoria (il sale). In questa operazione di selezione delle informazioni sensoriali (il setaccio sensoriale) l'anima non deve farsi influenzare da processi di razionalizzazione o di selezione preordinate delle informazioni condizionata dai retaggi sociali. Invece accade che mente, responsabile del processo di elaborazione dei dati e dell'interpretazione, è fortemente suggestionata, manipolata e persuasa dalle informazioni esterne provenienti dal sistema dell'educazione, dell'istruzione, delal cultura e delel regole sociali, religiosi e ideologiche.
E' per questo motivo che gli alchimisti affermavano la necessità di "far morire" l'anima sensoriale psichica, dominata dalle paure e dalle passioni, per far emergere , nella parte destra del cervello, le qualità dell'anima razionale.

La "Morte della Vergine", ovevro della mente suggestionata dalle passioni del cuore e dalle contingenze della materia, è quindi rappresentata da Raffaello e poi da Caravaggio come un atto iniiziatico.

La nostra mente comprende la realtà che ci circonda in base alla sua capacità di interpretarla (emisfero sinistro/interprete) e di giudicarla (emisfero destro/senso di sé in rapporto al mondo esterno). La capacità della mente di interpretare e giudicare la realtà è limitata sia dalla quantità che dalla qualità delle esperienze (vissute o virtuali) con cui può confrontarla, sia dei limiti stessi di percezione della realtà da parte dei sensi.

Ogni individuo/artista, in base alla propria esperienza e abilità acquisite attraverso l’educazione, l’istruzione e il training mentale di tradurre i dati percepiti dai sensi in “tesi, ipotesi e sintesi”, vede, intuisce ed elabora cognitivamente una specifica sezione di realtà che ha la peculiarità di evolvere nel tempo, man mano che ulteriori informazioni, dati e sintesi si aggregano ai molteplici frammenti.

E’ sbagliato dire che abbiamo una visione “distorta” della realtà, ma dobbiamo essere consapevoli dei limiti del nostro vedere, spesso giudicato inadeguato e insufficiente da chi opera su specifici livelli di “burocrazia”, ovvero è edotto, informato e specializzato nel riconoscere il “potere” del “sapere consolidato” sul sistema delle credenze e delle conoscenze di base acquisite dall’individuo.

La nostra percezione è sempre giudicata “distorta” rispetto a un modello di riferimento collaudato e ritenuto adeguato agli scopi prefissati dell’intelletto razionalizzatore. “Il Castello” di Kafka descrive perfettamente il senso di straniamento patito dalla mente al cospetto di un ordine razionale che sovrasta ogni forma di sentimento, di riflessione e di critica individuale.

Gli alchimisti rinascimentali descrissero per primi il legame conflittuale esistente tra l’artefice di un sentimento, percezione o opinione e chi invece è “deputato” a riceverla, registrarla e criticarla. La società, attraverso gli esponenti del potere, i delegati e i consulenti, esercita un diritto di censura, di veto e di rifiuto che impedisce alla mente di emergere sul piano culturale, politico o spirituale

Per vedere la realtà dobbiamo riconoscere cosa sia reale. E’ opinione comune che la realtà sia definita dalle leggi. Le Leggi,siamo esse naturali, umane o “divine”, delimitano spazi definiti di realtà. San Paolo affermava che il peccato è la Legge, colpevole di impedire una comunicazione diretta dell’uomo con Dio, di volta in volta rappresentato, nel corso dei secoli, da un potere religioso, politico o economico.

La realtà è dunque un luogo di conflitto. Conflitto tra chi esprime i sentimenti dell’anima e chi invece ha tutto l’interesse ad esautorarla da un contesto definito sempre più dal linguaggio specialistico, sia esso tecnico, scientifico, politico o ideologico. Il linguaggio del potere crea la realtà materiale, così come il linguaggio del nostro intelletto (il pensiero) crea la realtà in cui abitiamo.

L’alchimia a questo punto introduce un paradosso importante: la mente deve ritirarsi dai sensi, assumere una condizione di “dormizione”, morire a se stessa e ascendere a un livello superiore, alla "destra del Padre". Per superare i conflitti e non farsi irretire dall’intelletto dominante, la mente deve annullare le sue funzioni tramite lo Yoga e assurgere a una dimensione di Coscienza dell’Io. (mahat/Io Sono).
I Veda affermano:”Superiori alle facoltà dei sensi sono gli oggetti della conoscenza, superiore agli oggetti è la mente, superiore alla mente è l’intelletto, superiore alla mente è il mahat, il senso dell’io, la coscienza di sé. “
Stando così le cose, bisogna contrarre la mente, che è uno strumento e il mezzo per realizzare molteplici concezioni (samkalpa) e pensieri discorsivi (vikalpa), nell’io (ahamkartr).

Abbandonando le attività mentali, sopprimendo la mente, l’alchimista occidentale riconosce nella “dormizione e ascesa al cielo della Vergine” l’atto iniziatico di superamento dell’ego di voler dominare il mondo e la realtà con le parole e il linguaggio (il Verbo di Dio che si fa carne), per far rimanere soltanto l’io, la coscienza di sé che emerge dall’alchimia dell’anima (l’ottuplice sentiero di metamorfosi).

“Come chi voglia dell’oro, anche se compra un braccialetto, ignora pregi e difetti della forma circolare, ma concentra l’attenzione soltanto sul suo peso e il suo colore, così bisogna concentrare l’attenzione sulla pura coscienza che sorge dalla “dormizione” della mente. E così la Vergine Maria (la mente, madre del Verbo che si fa carne e diventa Intelletto), rinuncia alla realtà dominata dal linguaggio specialistico (i 12 Apostoli di Cristo) e sale al cielo, alla destra del Padre, metafora di uno stato di coscienza dell’Io che è, per suo natura, superiore a qualsiasi ipotesi di interpretazione critica e forma di giudizio estetico esercitata dall'intelletto.

giovedì 7 agosto 2008

Calice di salvezza


Probabilmente suggestionato dai trattati alchemici che circolano sempre più numerosi verso la fine del Quattriocento, Leonardo realizza l'immagine vivente di Sophìa: Monna Lisa.


Monna Lisa sintetizza nel suo corpo i processi di trasformazione dell'anima vegetativa, nell'anima sensitiva e infine nell'anima intellettiva, mentre il suo volto esprime la parte passiva dell'intelletto dell'anima (il Nous), chiamata in greco "Patetica". Coltivando il silenzio interiore (Monna Lisa è sordomuta, mentre nello stesso anno Raffaello dipinge la Muta), l'anima intellettiva percepisce il mondo esterno come un riflesso di quello interiore.

Aristotele afferma che la parte passiva del Nous è come una tavoletta di cera sulla quale si incidono i segni della stilo, ed è il cuore (il sè principiale ) a trasmettere dati, sensazioni, ricordi, emozioni, sentimenti ed esperienze.
Il collegamento tra il "cervello e il cuore" avviene nell'attività passiva di introspezione, proiezione, visualizzazione e meditazione delle immagini, per cui in avviene un fenomeno di "retroazione" di tutto ciò che si è studiato, visto e sperimentato nell'esistenza.

L'artista, immergendosi profondamente nell'opera (la vasca tombale), realizza una sintesi unitaria della realtà "soggettiva e oggettiva" che è già di per sé atto di conoscenza. Questo atto è unico, inconfutabile e non può che descrivere una tappa del percorso di rivelazione della verità di cui è portatrice l'anima alchemica.

Beatitudine della conoscenza


Nella sua fase più elevata, la stessa raggiunta da Beatrice nel tredicesimo cielo, l'anima intellettiva racchiude dentro di Sè la luce di Sophìa, ovvero la scintilla divina capace di risvegliare l'anima vegetativa dal fondo buio e irrazionale in cui incessantemente precipita. Non esisteva fino a Leonardo una immagine artistica di Sophìa che fosse sintesi delle tre fonti dell'esperienza (Sat/ariete) , della coscienza (Chit/leone) e della beatitudine della conoscenza (ananda/sagittario).


L'immagine in alto la colloca all'interno della chioma dell'albero dei filosofi a significare l'estensione dei collegamenti neurobiologici che l'anima illuminata dal "Redentore" realizza all'interno del cervello. Esistono quindi tre gradi di trasformazione dell'anima che si concretizzano nell'abilità in azione dell'Ariete (il Sè istintuale), nella creatività in azione del Leone (il Sè creativo) e nella conoscenza in azione del Sagittario (il Sè cognitivo). Ciò significa che tutte e tre le anime partecipano all'interno del corpo alla realizzazione della conoscenza filosofica dell'Unica Realtà e delle molteplici Verità.

1.1. Fonte di vita


La riflessione di Leonardo prende spunto dalle opere di Aristotele che ribadisce il concetto di anima come sorgente, fonte e radice dei tre mondi dell'Essere. LA stessa interpretazione è ravvisabile nell'immagine contenuta nel Trattato "Rosarium Philosophorum" del 1440 circa.

"Ora per Aristotele l'anima si rivela tripartita. Essa è innanzitutto sorgente della vita che si manifesta a livello vegetativo (a. nascita, crescita, dinamismi biologici), è anche fonte della vita che si esplica a livello sensitivo (b. movimento, percezioni, sensazioni); e, infine, è la radice dell'attività intellettiva e razionale (c. conoscenza, volontà, decisione). Si deve, allora, parlare di un'anima vegetativa, sensitiva , intellettiva".

a) L'anima vegetativa (aquae vitae) rappresenta la sorgente subconscia su cui si innesca la dimensione psichica delle esperienze modellate dal pleroma degli istinti (sopravvivenza, conservazione, adattamento e realizzazione delle condizioni di equilibrio). Nel codice artistico quattrocentesco è rappresentata dalla figura di Eva, emblema della consapevolezza della dimensione materiale dell'esistenza.

b) L'anima sensitiva (acetum fortis) individua la fonte creativa che alimenta l'azione dell'anima che evolve nella conoscenza delle sensazioni (la ninfa Clori), delle emozioni (Flora) e dei sentimenti cognitivi (Venere Humanitas). Nell'Allegoria della Primavera Botticelli descrive le tre fasi di evoluzione dell'anima sensitiva in Venere, emblema della coscienza (consapevolezza , comprensione, conoscenza) dei sentimenti dell'amore e del conflitto.



c) l'anima intellettiva (lac virginis) alimenta la radice spirituale da cui può crescere la conoscenza dei molteplici piani di coscienza generati dalla fonte. L'anima intellettiva è la parte di anima in grado di conoscere l'unitarietà della realtà e di produrre le opere della coscienza umana (Gesù) e spirituale (Cristo).

Sophìa


L'interpretazione gnostica

Per gli gnostici cristiani, Sophia era un elemento centrale per la comprensione cosmologica dell'Universo. Una figura Femminile, analoga all'anima umana ma nello stesso tempo uno degli aspetti Femminili di Dio e, contemporaneamente, la Sposa di Cristo. Essi credevano che fosse in qualche modo caduta in disgrazia, e così, nella sua disperazione, avesse creato o avesse partecipato alla creazione del mondo materiale. Per gli gnostici cristiani, il dramma della redenzione di Sophia attraverso Cristo o il Logos è il dramma centrale dell'universo: Sophia risiede in tutti noi sotto forma di Scintilla Divina e Cristo fu inviato sulla terra per liberarla e riportarla alla presenza del Primo Padre, il Dio inconoscibile.

L'angoscia e la paura di Sophia di perdere la vita (proprio come perse la luce dell'Uno), le provocarono confusione e brama di tornare a lui. A causa di questa brama, la materia (greco: hyle) e l'anima (greco: psyke) accidentalmente ebbero esistenza attraverso i quattro elementi: fuoco, acqua, terra, ed aria. Anche la creazione del Demiurgo dalla testa leonina fu un errore perpetrato durante questo esilio. Secondo alcune fonti gnostiche, esso fu il prodotto di Sophia che tentò di emanare da sola, senza la sua controparte maschile. Il Demiurgo procedette, poi, nella creazione del mondo fisico nel quale viviamo, ignorante di Sophia, che, comunque, riuscì ad infondere alcune scintille spirituali o pneuma nella creazione del Demiurgo.

Dopo questi avvenimenti, il Redentore (Cristo) ritornò e le permise di vedere nuovamente la luce, portandola a conoscenza dello spirito. Cristo fu poi inviato sulla terra in forma di uomo, Gesù, per dare agli uomini la gnosis di cui avevano bisogno per liberarsi dal mondo materiale e ritornare al mondo spirituale. Si noti che, nello gnosticismo, la storia Evangelica di Gesù è essa stessa allegorica: egli non è un essere vivente in un contesto storico, ma il Mistero Esterno usato come introduzione alla gnosis. (tratto da Wikipedia)

L'interpretazione di Leonardo

Anche Leonardo insieme a Botticelli, partecipa attivamente alla riflessione inaugurata dal filosofo Marsilio Ficino sull' origine della Sophìa, termine con cui si intendeva descrivere la conoscenza completa dei processi di caduta dell'anima nel mondo della materia e della sua successiva brama di risalire verso la luce di Dio. La conocenza dell'anima dischiude infatti le porte della Filosofia e permette all'artista di comprendere i vizi e le virtù della natura umana e le sue potenzialità trascendenti.

Leonardo sintetizza gli studi dell'anima a partire dall'osservazione. La caratteristica saliente dell'anima umana è di essere attiva, con qualità e modalità diverse nei Tre Mondi: il mondo della materia, il mondo dei sentimenti e il mondo delle idee. In ognuno di questi universi, considerati separati dall'intelletto razionalizzatore (il Demiurgo), ma di fatto contigui nell'esperienza interiore, l'anima evolve attraverso tre gradi di "Fuoco": consapevolezza della realtà, coscienza dei sentimenti dell'amore e del conflitto e conoscenza delle molteplici verità che fanno da corollario all'unica Realtà spirituale: Sophìa.

La riflessione di Leonardo prende spunto dalle opere di Aristotele che ribadisce il concetto di anima come sorgente, fonte e radice dei tre mondi dell'Essere.

"Ora per Aristotele l'anima si rivela tripartita. Essa è innanzitutto sorgente della vita che si manifesta a livello vegetativo (a. nascita, crescita, dinamismi biologici), è anche fonte della vita che si esplica a livello sensitivo (b. movimento, percezioni, sensazioni); e, infine, è la radice dell'attività intellettiva e razionale (c. conoscenza, volontà, decisione). Si deve, allora, parlare di un'anima vegetativa, sensitiva , intellettiva".

a) L'anima vegetativa (aquae vitae) rappresenta la sorgente subconscia su cui si innesca la dimensione psichica delle esperienze modellate dal pleroma degli istinti (sopravvivenza, conservazione, adattamento e realizzazione delle condizioni di equilibrio). Nel codice artistico quattrocentesco è rappresentata dalla figura di Eva, emblema della consapevolezza della dimensione materiale dell'esistenza.

b) L'anima sensitiva (acetum fortis) individua la fonte creativa che alimenta l'azione dell'anima che evolve nella conoscenza delle sensazioni (la ninfa Clori), delle emozioni (Flora) e dei sentimenti cognitivi (Venere Humanitas). Nell'Allegoria della Primavera Botticelli descrive le tre fasi di evoluzione dell'anima sensitiva in Venere, emblema della coscienza (consapevolezza , comprensione, conoscenza) dei sentimenti dell'amore e del conflitto.



c) l'anima intellettiva (lac virginis) alimenta la radice spirituale da cui può crescere la conoscenza dei molteplici piani di coscienza generati dalla fonte. L'anima intellettiva è la parte di anima in grado di conoscere l'unitarietà della realtà e di produrre le opere della coscienza umana (Gesù) e spirituale (Cristo). Nella sua fase più elevata, la stessa raggiunta da Beatrice nel tredicesimo cielo, l'anima intellettiva racchiude dentro di Sè la luce di Sophìa, ovvero la scintilla divina capace di risvegliare l'anima vegetativa dal fondo buio e irrazionale in cui incessantemente precipita. Non esisteva fino a Leonardo una immagine artistica di Sophìa che fosse sintesi delle tre fonti dell'esperienza (Sat/ariete) , della coscienza (Chit/leone) e della beatitudine della conoscenza (ananda/sagittario).


L'immagine in alto la colloca all'interno della chioma dell'albero dei filosofi a significare l'estensione dei collegamenti neurobiologici che l'anima illuminata dal "Redentore" realizza all'interno del cervello. Esistono quindi tre gradi di trasformazione dell'anima che si concretizzano nell'abilità in azione dell'Ariete (il Sè istintuale), nella creatività in azione del Leone (il Sè creativo) e nella conoscenza in azione del Sagittario (il Sè cognitivo). Ciò significa che tutte e tre le anime partecipano all'interno del corpo alla realizzazione della conoscenza filosofica dell'Unica Realtà e delle molteplici Verità.

Probabilmente suggestionato dai trattati alchemici che circolano sempre più numerosi verso la fine del Quattriocento, Leonardo realizza l'immagine vivente di Sophìa: Monna Lisa.


Monna Lisa sintetizza nel suo corpo i processi di trasformazione dell'anima vegetativa, nell'anima sensitiva e infine nell'anima intellettiva, mentre il suo volto esprime la parte passiva dell'intelletto dell'anima (il Nous), chiamata in greco "Patetica". Coltivando il silenzio interiore (Monna Lisa è sordomuta, mentre nello stesso anno Raffaello dipinge la Muta), l'anima intellettiva percepisce il mondo esterno come un riflesso di quello interiore.

Aristotele afferma che la parte passiva del Nous è come una tavoletta di cera sulla quale si incidono i segni della stilo, ed è il cuore (il sè principiale ) a trasmettere dati, sensazioni, ricordi, emozioni, sentimenti ed esperienze.
Il collegamento tra il "cervello e il cuore" avviene nell'attività passiva di introspezione, proiezione, visualizzazione e meditazione delle immagini, per cui in avviene un fenomeno di "retroazione" di tutto ciò che si è studiato, visto e sperimentato nell'esistenza.

L'artista, immergendosi profondamente nell'opera (la vasca tombale), realizza una sintesi unitaria della realtà "soggettiva e oggettiva" che è già di per sé atto di conoscenza. Questo atto è unico, inconfutabile e non può che descrivere una tappa del percorso di rivelazione della verità di cui è portatrice l'anima alchemica.